Rientra nella definizione del  Dsm-5 il disturbo del comportamento alimentare, ridefinito come disturbo della nutrizione e dell’ alimentazione.  Queste problematiche concernono il rapporto tra la persona e il cibo.

In questa situazione vi è un’alterata relazione con il cibo ed una estrema preoccupazione riguardo le proprie forme corporee.  Ciò comporta un’alterazione dell’immagine di se’, disturbi emotivi e vari comportamenti disfunzionali.  Questa problematica riguarda il 5% della popolazione nella società occidentale.  Ha inizio nella fase adolescenziale, anche se negli ultimi anni anche nella fase pre-adolescenziale, soprattutto ma non esclusivamente nel versante femminile.

Fattore centrale  dell’anoressia e della bulimia è il controllo.

La ricerca dice che questo è un fenomeno complesso e multidisciplinare per cui va affrontato da un punto di vista medico, dietetico e psicologico.

Si suddividono in: anoressia nervosa, bulimia nervosa, binge  eating  disorder ( abbuffate)  e disturbo del comportamento alimentare non altrimenti specificato (rappresentato dal 20% dall’ obesità).

Secondo il punto di vista relazionale il digiuno di un’anoressica  o le abbuffate di una bulimica sono “atti” comunicativi  che rivelano non solo un disagio personale ma soprattutto del contesto relazionale.

Quindi il portatore del sintomo consentirebbe ai suoi familiari di ridimensionare altri problemi se non addirittura di superarli. Tutto ciò avviene in modo inconsapevole  ma emerge durante la psicoterapia. Quindi il sintomo è lo strumento che ci permette di comprendere il funzionamento familiare , i conflitti, le risorse, i legami e le emozioni di quella famiglia.

In genere sono i familiari a chiedere aiuto, le pazienti non lo fanno. Spesso è difficile lavorare con tutta la famiglia per cui si fanno degli incontri familiari e dei setting  individuali (S.Palazzoli).

Lo sguardo relazionale  si pone anche alle dinamiche intersoggettive  nelle sedute individuali.  Anche nella terapia col singolo si pone l’ attenzione alla relazione tra lei e la madre, il padre , i fratelli o ai componenti della famiglia allargata.

Dalla letteratura emerge come anche nei disturbi alimentari sia importante lo stress, l’ evento del lutto, il maltrattamento domestico, l’abuso infantile ed altri eventi negativi come fattore di rischio.

Il lavoro psicoterapeutico prevede la rielaborazione delle esperienze angoscianti legate alla storia della persona, il potenziamento delle capacità personali nonché le sue risorse, aumentando l’autostima  e per risolvere i sintomi spesso cronici del disturbi alimentari.

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